PREMESSA
La sceneggiatura di un film non è prosa, poesia o
sapere enciclopedico, e nemmeno arte drammatica.
Parlerei piuttosto di letteratura gastronomica. I dialoghi
– quando presenti – vengono conditi con una
manciata di generici consigli destinati agli attori (“attraversò
la strada in diagonale come un cane azzoppato…”),
agli operatori e ai direttori della
fotografia (“il busto dell’uomo venne investito dall’ombra
di un lampione mezzo rotto che oscillava
mosso dal vento…”), ai costumisti (“gli stracci raffazzonati
che aveva addosso avevano l’aria di essere
stati gialli…”), agli scenografi (“la porta di lamiera
ondulata pendeva in bilico su un solo cardine…”),
ai fonici (“una cornacchia gracchiava in lontananza,
come fanno sempre quegli uccelli…”) e agli altri
tecnici (“tutta la scena deve svolgersi in un silenzio
imperscrutabile…”).
Il testo ha il compito di offrire indicazioni quantitative,
codificabili attraverso elementari principi di
matematica, riguardo a giorni di riprese, collaboratori,
lampadine, cavi, panini, caffè, ruote di scorta,
nonché durata e resistenza dei nervi.
Il bravo sceneggiatore è tenuto ad aggiungere
due o tre scene superflue che, in caso si verifichi
un ritardo sul calendario (come del resto accade
sempre), il produttore o il regista potranno platealmente
tagliare al fine di ribadire la padronanza
del soggetto e la propria collocazione gerarchica
all’interno dell’organico.
Di tanto in tanto è comunque bene inserire una
riga di qualche valore letterario con lo scopo di concentrare
l’attenzione dei potenziali finanziatori sul
contenuto poetico del progetto, evitando allo stesso
tempo che l’effetto soporifero della sfilza di dettagli
tecnici comprometta la piacevolezza della lettura.
Nella sceneggiatura vigono le seguenti norme
drammaturgiche: il film deve avere tre tempi (di durata
imprecisata e non suddivisi nel testo) e tutti i
personaggi principali vanno fatti entrare in scena
entro ventisette minuti dall’inizio del film. È sconsigliato
scrivere più di due pagine di dialoghi poiché
la riduzione o completa eliminazione degli stessi durante
le riprese determina un inutile aumento dei
costi. Inoltre deve essere chiaro a tutti che per sua
natura un film non è la rappresentazione dei pensieri
che dominano il protagonista, ma è preferibile che
sia l’azione stessa a suggerire le eventuali emozioni.
Ad esempio la collocazione della sigaretta tra le dita
di un personaggio è sufficiente a distinguerlo dal cane
di Pavlov. Sta allo spettatore cogliere l’intima tempesta
che pervade lo spirito umano.
Concludo segnalando che i produttori cinematografici
apprezzano gli sceneggiatori che esprimono
l’intensità drammatica con mezzi più discreti
dei cataclismi naturali, degli aerei che precipitano e
dell’occupazione del Palazzo d’Inverno.
Aki Kaurismäki
Via_iperborea
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