venerdì 29 maggio 2009

Sig. Tómas Ingi Olrich immagini un palloncino.

Prima che dal campanello di via san Saba dodici togliessero la targhetta con su scritto ambasciata d'Islanda sono andato a fare una foto. 
E' come un palloncino gonfiato ad elio legato al polso di qualcuno, che se lo vedi pensi che il suo posto sia proprio quello, in equilibrio a trenta centimetri sospeso in aria. Invece non è così.
Non basta un filo a trattenere chi ha in se la forma della deriva. 
Nel senso che è nella natura dell'Islanda l'essere distante. Se si forza lo stato delle cose il nodo per qualche ragione prima o poi si scioglie e il palloncino vola via. 
Il ventisette aprile duemilanove l'Islanda ha chiuso la sua ambasciata a Roma.
Il paese sta passando una brutta crisi economica, ci sono stati scontri a Reykjavik. Ho letto che la crisi li ha colti impreparati e nelle strade hanno lanciato contro la polizia palle di neve. 
Pesa sulla questione un'opaca solitudine.
Quei milleottocento kilometri di mare che separano l'isola dalle coste del continente hanno preso corpo in quel cartellino che sarà presto tolto.

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